(La natura del potere)
Il potere è un'eggregora, un'entità
metapsichica avente un proprio statuto ontologico distinto da quello degli
individui che le hanno dato vita. Proprio la peculiarità del suo essere,
l'assenza di un corpo materico, permette ad esso di andare al di là dei
limiti del tempo e dello spazio e di mutare forma. È privo di anima, privo di
consapevolezza di sé, ma tendente alla autoconservazione, un po' come un virus,
che alcuni scienziati definiscono un organismo ai margini della vita.
Il potere legittima se stesso, a
prescindere dagli individui o gruppi sociali che lo rappresentano: non c'è stato alcun vuoto nella transizione dalla prima alla seconda repubblica e da essa all'attuale
tecnocrazia globalista. Contro un nemico immateriale,
privo di divise o bandiere, l'unica arma è la consapevolezza. In
primis della nostra reale natura, che è spirituale, anche se ci
identifichiamo con i nostri corpi, che sono oggetto oggi dell'attacco più evidente, ma non il più duro.
(Dove abita la coscienza?)
Uno dei temi cui mi sono occupato più
frequentemente negli ultimi anni è la distinzione tra essere ed esistere. Le
conclusioni cui sono arrivato però mi appaiono oggi insufficienti al fine di
individuare il luogo dove risiede la coscienza.
L'essere, nella sua dimensione
naturalistica, coincide con la vita biologica e può svolgersi in un solo tempo
ed in un solo spazio, quello del corpo. L'esistenza (exsistere), pur essendo manifestazione dell'essere, non risente di tali limiti. Ad esempio,
più del 10% degli account di facebook appartiene a persone ormai defunte.
Rimangono immagini e parole, ovvero le rappresentazioni diacroniche delle loro
vite. L'esistenza può addirittura prescindere dall'essenza (o dall'esserci, dasein,
ma in un'accezione differente rispetto a quella di Heidegger) se si pensa a
personaggi immaginari, come quelli dei cartoni animati o dei videogiochi.
Posta questa distinzione, la consapevolezza
di noi e del mondo appartiene alla sfera dell'essere oppure a quella
dell'esistere? Identificando il termine psiche con la coscienza, si potrebbe essere portati a
pensare che essa attenga alla dimensione dell'esistenza: esisto nella mente
delle persone che mi hanno incontrato; esisto in ogni tempo e luogo che ho
vissuto, come nei ricordi di infanzia; esisto già nel futuro che immagino.
Eppure, senza la dimensione corporea, senza
un essere in grado di osservare se stesso e di manifestarsi nel tempo e nello
spazio, anche quello immaginato e immaginario, non può esserci alcuna
psiche/coscienza.
Preferibile allora identificare la
consapevolezza con il termine greco psyché
(ψυχή), che racchiude in sé tanto l'aspetto meramente mentale quanto
animico.
(Dentro o fuori la prigione?)
La coscienza è relazione del nostro essere
con tutto ciò che è dentro e fuori di noi: ecco il punto d'arrivo. È essere ed esistere allo stesso
tempo. E l'anima?
Non c'è alcuna prigione! Il primo passaggio
necessario che ho dovuto compiere è stato proprio in direzione contraria alla concezione
del corpo come prigione dell'anima. Perché relegare l'anima all'interno del
corpo se le scienze hanno dimostrato che viviamo immersi all'interno di un
campo di informazioni? La realtà stessa è un campo di ipotesi sul reale e tali
ipotesi sono fortemente condizionate sia dallo spazio e dal tempo che occupiamo
sia da una serie di modelli originari, o archetipi, che precedono la nostra
nascita.
Le relazioni da cui origina la
consapevolezza (del e) di sé non solo sono molteplici, ma implicano
elementi che non siamo in grado di isolare ed individuare perché situati
nel profondo della nostra psiche.
(Il potere dell'inconscio)
Non è un caso se Jung vide nella figura di
Hitler la personificazione del volksgeist (spirito del popolo)
germanico. Neppure un caso se Mussolini affermò: "Io non ho creato il
fascismo, l'ho tratto dall'inconscio degli italiani". Ciò che sta
accadendo oggi è l'affermarsi (ancora una volta) dello stesso archetipo, ma con
l'aggravante del contagio psichico su scala globale derivante da infernet
internet e da mezzi di comunicazione di massa tecnologicamente più avanzati rispetto a quelli in possesso della Germania nazista.
(Cambio di regime)
Immaginare un mondo in cui tutti siamo
uguali è aberrante. L'uguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3 (secondo
comma) della Costituzione è possibile solo attraverso il rispetto delle
differenze individuali, non il loro livellamento.
Immaginare un mondo in cui vi sia
consapevolezza della propria reale natura e in cui si possa vivere in armonia
con i propri bisogni animici è invece una necessità. Anzi, è un'urgenza. La
guerra in atto non finirà in un giorno e neppure con l'abolizione del green
pass. È una battaglia che vede coinvolte e contrapposte forze immateriali
estremamente potenti. Ciò che ci è concesso, ancora una volta, è scegliere
quali di queste far prevalere, con la consapevolezza che l'equilibrio è un
concetto dinamico, non statico. Ancora una volta ci è concesso capire chi siamo davvero.
Massimiliano Cerreto
P.S. Benvenuto nel gioco dell'universo.