29 novembre 2023

L'educazione ai tempi del Marchese del Grillo


(La legge sono io, esclamò con forza il parcheggiatore abusivo nei pressi della facoltà di Giurisprudenza di Napoli. Era l'inverno del 1995. La storia che sto per raccontarvi è invece ambientata nel 1991, in autunno)

Il migliore modo di educare è con l'esempio, giusto? Eppure me lo ricordo di quando nel mio cattolicissimo e costosissimo liceo, di cui ho scritto in passato, alcuni dei professori entravano in classe con la sigaretta già accesa in bocca. No, quello che fumava la pipa, a dire il vero, la teneva quasi sempre spenta; preferirla darla in testa agli studenti più indisciplinati, lo stronzo. A quella di inglese, qualche volta, essendo seduto al primo banco, l'accendevo io. Ci appellava dolcemente "classaccia" urlando e sbattendo i pugni contro la porta. Non che avesse tutti i torti, effettivamente facevamo un po' schifo, ma forse qualcuno di noi si sarebbe potuto salvare in un ambiente meno tossico.
A noi merdacce alunni invece era vietato fumare, anche negli spazi all'aperto. In altre parole era in vigore la legge del Marchese del Grillo, che molti ricorderanno esemplificata nelle frase: perché io so io e voi non siete un cazzo.

Ricordo anche di quando, nel bar a pochi metri dalla scuola, ebbi l'ardire di accendere una sigaretta dopo il caffè e una donna, che poi scoprii essere una poliziotta e madre di una studentessa del quinto anno, con toni molto aggressivi, sostenne ci fosse una legge che vietava di fumare nei luoghi pubblici. Eppure eravamo nel 1991, molto prima della celebre legge Sirchia.

Risposi che non ne ero a conoscenza e il proprietario del bar, che aveva un accordo (sulla cui legalità mi sia consentito dubitare) con la mia scuola per vendere pizzette di infima qualità durante la ricreazione, preferendo prendere le parti della donna, mi urlò contro.

Per paura che la poliziotta scoprisse che i suoi dipendenti venissero pagati rigorosamente in nero? Non credo in quanto è il classico segreto di Pulcinella oltre che pratica diffusa ancora oggi in molti esercizi commerciali, soprattutto a Napoli, con buona pace dell'Ispettorato del Lavoro. 
Per paura che scoprisse che quel bar, come molti altri, fosse eventualmente una "lavanderia"? Perché è così che affettuosamente si chiamano ancora oggi quelle attività che la camorra usa per il riciclaggio dei soldi sporchi, e bar e gelaterie sono tra le preferite. 
Per evitare che scoprisse che le mie sigarette fossero rigorosamente di contrabbando? Tutto intorno al perimetro della scuola c'erano infatti tanti "rivenditori specializzati". I più furbi lasciavano penzolare una piccola corda dalle loro finestre: bastava tirarla, aspettare che la persona di turno, spesso una insospettabile casalinga in vestaglia e bigodini, si affacciasse alla finestra, chiedere la marca preferita e poi mettere i soldi nel classico panariello che veniva calato giù. Il "rivenditore specializzato", per correttezza (sigh), verificava che i soldi ci fossero tutti e poi calava nuovamente il cestino con le sigarette dentro. 
Molto più probabile l'ipotesi che quell'ometto, più basso di me e già avanti con gli anni, avesse preso le sue parti per semplice vigliaccheria, alla maniera di un Don Abbondio qualunque, per intenderci.

Vero! Risale all'antico diritto romano il principio ignorantia legis non excusat, ma c'era davvero una legge che mi impedisse di fumare in quel cazzo di bar? E perché lì non c'era alcun cartello che indicasse il divieto di fumo, presente invece in ogni vagone del treno che prendevo per raggiungere la scuola? E c'era forse una legge che autorizzasse due persone maggiorenni ad aggredire verbalmente un minorenne? Nel 1991 avevo 17 anni.

Ecco, questo è tutto ciò che ricordo della mia educazione ai tempi del Marchese del Grillo. Quel bar non esiste più e neppure i miei 17 anni, per fortuna. E tutto ciò che ho imparato è che i rapporti interpersonali sono tutti rapporti di forza, anche al di fuori di strutture gerarchicamente organizzate come la scuola o il luogo di lavoro, persino in amore. Peccato che, presto o tardi, noi vasi di coccio ci rompiamo e che, a calpestarci, vi facciate male soltanto voi. 

Massimiliano Cerreto

P.S. Colgo l'occasione per un cordiale saluto a quei docenti di filosofia, nobili difensori del pensiero critico, che non si sono opposti alla vaccinazione (di fatto) obbligatoria, all'uso delle mascherine in classe e all'allontanamento dei colleghi perché rei di non aver creduto nel salvifico siero magico, poi reintegrati e confinati nelle segrete del castello: che magnifico esempio avete dato ai vostri studenti!