4 agosto 2022

AfroUber (e un bambino chiamato saggezza)


C'è un bambino: è bello, nero, ha 4 anni, si chiama Wisdom, saggezza in italiano. Gli ho stretto la mano. Questa però è la fine della storia.





Sono le 8 del mattino, sono al mare. Un mio amico di 76 anni, in condizioni di salute decisamente migliori delle mie, ha deciso di andare a raccogliere le cozze. Una mia coetanea e amica lo aiuta nell'impresa. Io no. Sto male. Troppo. Il perché non importa. Sono anche reduce da una notte insonne. Così mi congedo da loro con il mio bagaglio di rabbia di cui non hanno alcuna responsabilità, da cui ho il dovere di proteggerli.

25 i kilometri che mi separano da casa. 28 i gradi di temperatura. 84 gli anni di mio padre: troppi per chiedere che venga a prendermi, oltretutto in una zona a lui pressoché sconosciuta. Da solo amo stare, da solo devo risolvere la situazione.

2 kilometri di cammino dopo arrivo alla già assolata fermata del bus. Una ragazza, un ragazzo e un ragazzina: sono dell'est. Mi rassicurano che i biglietti si possono fare anche a bordo. Aspetto, ma invano. I giovani salgono a bordo di un'auto già stracarica, vanno via in 7. È quello che chiamo un AfroUber.

Devo stare fermo, aspettare, o almeno qualcosa mi suggerisce di non muovermi da lì. Arriva Immanuel, un cinquantenne del Ghana in Italia da 17 anni. Mi spiega che la Lombardia è il posto dove si trova più lavoro, ma il permesso di soggiorno permanente è difficile da ottenere quando i contratti sono a tempo determinato. Sì, a Napoli si trova qualcosa, la vita costa poco, si riescono a mettere da parte anche dei soldi. No, non c'è alcuna garanzia per il futuro, provvidenza forse, ma nessuna forma di previdenza. Immanuel vuole tornare in Lombardia.

Sono le 10:30. L'autobus non c'è, non arriva. Uno sì, ma non va nella direzione giusta. Compro una bottiglia d'acqua grande, faccio bere anche Immanuel: mi ringrazia con un sorriso perfetto. Il mio è ingiallito dal fumo. Siamo tutti fratelli e la vita è una ruota che gira, mi spiega il motivo che lo spinge ad essere onesto nonostante la tentazione di soldi facili e veloci sia molto forte da queste parti.

Mi ricordo dello stato di necessità, previsto dall'articolo 54 del codice penale. Non credo si possa applicare al mio caso, ma so di non poter resistere ancora a lungo sotto il sole. Scelgo anche io di avvalermi di AfroUber, auto guidate da persone di origine africana che forse la patente non ce l'hanno neppure, figuriamoci l'assicurazione. È così che incontro Wisdom, con la sua dolcissima madre.

Scendo a circa 8 kilometri da casa. Sto bene. Sono ancora in piedi, sulle mie gambe. Alleggerito dal peso di troppi inutili ricordi, alcuni vicini, altri lontani.


Massimiliano Cerreto