14 ottobre 2021

Il potere, questo sconosciuto

 

(La natura del potere)    

Il potere è un'eggregora, un'entità metapsichica avente un proprio statuto ontologico distinto da quello degli individui che le hanno dato vita. Proprio la peculiarità del suo essere, l'assenza di un corpo materico, permette ad esso di andare al di là dei limiti del tempo e dello spazio e di mutare forma. È privo di anima, privo di consapevolezza di sé, ma tendente alla autoconservazione, un po' come un virus, che alcuni scienziati definiscono un organismo ai margini della vita.

Il potere legittima se stesso, a prescindere dagli individui o gruppi sociali che lo rappresentano: non c'è stato alcun vuoto nella transizione dalla prima alla seconda repubblica e da essa all'attuale tecnocrazia globalista. Contro un nemico immateriale, privo di divise o bandiere, l'unica arma è la consapevolezza. In primis della nostra reale natura, che è spirituale, anche se ci identifichiamo con i nostri corpi, che sono oggetto oggi dell'attacco più evidente, ma non il più duro. 

(Dove abita la coscienza?)  

Uno dei temi cui mi sono occupato più frequentemente negli ultimi anni è la distinzione tra essere ed esistere. Le conclusioni cui sono arrivato però mi appaiono oggi insufficienti al fine di individuare il luogo dove risiede la coscienza.

L'essere, nella sua dimensione naturalistica, coincide con la vita biologica e può svolgersi in un solo tempo ed in un solo spazio, quello del corpo. L'esistenza (exsistere), pur essendo manifestazione dell'essere, non risente di tali limiti. Ad esempio, più del 10% degli account di facebook appartiene a persone ormai defunte. Rimangono immagini e parole, ovvero le rappresentazioni diacroniche delle loro vite. L'esistenza può addirittura prescindere dall'essenza (o dall'esserci, dasein, ma in un'accezione differente rispetto a quella di Heidegger) se si pensa a personaggi immaginari, come quelli dei cartoni animati o dei videogiochi.

Posta questa distinzione, la consapevolezza di noi e del mondo appartiene alla sfera dell'essere oppure a quella dell'esistere? Identificando il termine psiche con la coscienza, si potrebbe essere portati a pensare che essa attenga alla dimensione dell'esistenza: esisto nella mente delle persone che mi hanno incontrato; esisto in ogni tempo e luogo che ho vissuto, come nei ricordi di infanzia; esisto già nel futuro che immagino.

Eppure, senza la dimensione corporea, senza un essere in grado di osservare se stesso e di manifestarsi nel tempo e nello spazio, anche quello immaginato e immaginario, non può esserci alcuna psiche/coscienza.

Preferibile allora identificare la consapevolezza con il termine greco psyché (ψυχή), che racchiude in sé tanto l'aspetto meramente mentale quanto animico.

(Dentro o fuori la prigione?) 

La coscienza è relazione del nostro essere con tutto ciò che è dentro e fuori di noi: ecco il punto d'arrivo. È essere ed esistere allo stesso tempo. E l'anima?

Non c'è alcuna prigione! Il primo passaggio necessario che ho dovuto compiere è stato proprio in direzione contraria alla concezione dell'anima come prigione del corpo. Perché relegare l'anima all'interno del corpo se le scienze hanno dimostrato che viviamo immersi all'interno di un campo di informazioni? La realtà stessa è un campo di ipotesi sul reale e tali ipotesi sono fortemente condizionate sia dallo spazio e dal tempo che occupiamo sia da una serie di modelli originari, o archetipi, che precedono la nostra nascita.

Le relazioni da cui origina la consapevolezza (del e) di sé non solo sono molteplici, ma implicano elementi che non siamo in grado di isolare ed individuare perché situati nel profondo della nostra psiche. 

(Il potere dell'inconscio)

Non è un caso se Jung vide nella figura di Hitler la personificazione del volksgeist (spirito del popolo) germanico. Neppure un caso se Mussolini affermò: "Io non ho creato il fascismo, l'ho tratto dall'inconscio degli italiani". Ciò che sta accadendo oggi è l'affermarsi (ancora una volta) dello stesso archetipo, ma con l'aggravante del contagio psichico su scala globale derivante da infernet internet e da mezzi di comunicazione di massa tecnologicamente più avanzati rispetto a quelli in possesso della Germania nazista.

(Cambio di regime) 

Immaginare un mondo in cui tutti siamo uguali è aberrante. L'uguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3 (secondo comma) della Costituzione è possibile solo attraverso il rispetto delle differenze individuali, non il loro livellamento.

Immaginare un mondo in cui vi sia consapevolezza della propria reale natura e in cui si possa vivere in armonia con i propri bisogni animici è invece una necessità. Anzi, è un'urgenza. La guerra in atto non finirà in un giorno e neppure con l'abolizione del green pass. È una battaglia che vede coinvolte e contrapposte forze immateriali estremamente potenti. Ciò che ci è concesso, ancora una volta, è scegliere quali di queste far prevalere, con la consapevolezza che l'equilibrio è un concetto dinamico, non statico. Ancora una volta ci è concesso capire chi siamo davvero.

Massimiliano Cerreto

P.S. Benvenuto nel gioco dell'universo.