Quando ero bambino e costretto a letto dall'influenza di turno, mia madre mi ripeteva: non ti preoccupare, è febbre di crescenza. È ciò che sta accadendo anche oggi? La tragica fase storica attuale è un momento di crescita su scala globale?
Per quanto suggestiva, la tesi della ciclicità del tempo, presente nella cultura greca e anche in altre tradizioni, ha ancora ragione di esistere? Perché rimanendo entro i confini di essa non vi è alcuna possibilità evolutiva. Si pensi alla teoria dell'eterno ritorno di Friedrich Nietzsche, spiegata in modo esemplare nel breve monologo finale di K Pax.
Eppure è proprio il concetto di eterno ritorno il limite più grande al concepimento dell'Oltreuomo: se, dopo una fase di espansione, tutto tornerà uguale allo stadio iniziale, quale evoluzione potrà esservi? Plausibile che Stanley Kubrick, che conosceva bene il pensiero nicciano, scelse di andare al di là di tale limite per rappresentare la nascita dello Ubermensch nel finale di 2001: Odissea nello spazio.
In un'ottica evolutiva, il tempo non può che assumere una forma spiraliforme. C'è chi, nella politica del green pass, la più restrittiva del mondo, ravvisa uno dei tanti corsi e ricorsi della storia e pone analogie con il regime fascista. Ma, al netto della palese incostituzionalità e antigiuridicità del lasciapassare, al netto della sua inutilità ai fini della prevenzione/riduzione del contagio, al netto della sua natura coercitiva, voglio che l'accento rimanga sul tempo. Mi chiedo, allora, se stiamo vivendo quello ineluttabile dell'angelo della storia.
(Paul Klee, Angelus novus, 1920)
"C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta." Walter Benjamin
Dubito che abbia origine paradisiaca la tempesta eco-transumanista, di cui il green pass è espressione. Non l'unica se si pensa alla carta di credito che misura la sostenibilità ambientale dei consumi individuali e alla progressiva abolizione del contante che la renderà indispensabile per ogni transazione. E chi si farà giudice del credito pro capite di anidride carbonica? E quali i presupposti affinché tale credito venga elargito? Il paradosso del pagare per l'aria che si respira è davvero tale? Guai a pensare che si tratti solo di 'gretinate'.
Dubito anche che saremo spazzati via. Più probabile che avvenga una speciazione allopatrica, ovvero una separazione tra una umanità ancora legata ad un plurimillenario sistema di potere ed un'altra che ad esso si oppone, costretta pertanto ad un regime di clandestinità o emarginazione.
Facile comprendere che la oltreumanità cui auspicare e tendere non è né l'una né l'altra. Il presupposto perché possa nascere è l'integrazione, non la separazione e neppure l'innaturale l'annullamento delle differenze come nella cultura gender. È stata la presunzione di poter recidere in modo chirurgico e asettico il legame dell'uomo dalla dimensione spirituale/metafisica a determinare la condizione attuale. Senza dimenticare la sua progressiva alienazione dal mondo della natura.
Ludwig Wittgenstein volle escludere la dimensione metafisica dai suoi ragionamenti (questo il senso della sua celebre proposizione di ciò che non si può parlare si deve tacere) e finì con il portare la logica al suo punto di rottura; Hans Kelsen, intenzionato a trovare la forma pura del diritto, scevra da ogni elemento di carattere giusnaturalistico (che non avesse un fondamento nel diritto positivo/codificato), e una norma da cui discendesse la validità di tutte le altre, finì con l'ipotizzare la grundnorm (norma fondamentale) che ha proprio natura giusnaturalistica e su cui si fonda il diritto internazionale; Immanuel Kant, desideroso di liberare gli uomini dalla morale, finì con il teorizzare l'imperativo categorico, che si esprime nella proposizione devi perché devi; Pitagora uccise il suo migliore allievo, Ippaso da Metaponto, per aver scoperto l'elemento irrazionale nell'ordine dei numeri: la separazione non può che portare all'aporia.
Apollineo e dionisiaco, ordine e caos, fisica e metafisica, razionalità e irrazionalità, maschile e femminile: ecco cosa bisogna integrare. Persino le apparentemente inconciliabili concezioni dell'essere di Parmenide ed Eraclito possono essere armonizzate, a condizione che si comprendano i loro rispettivi ambiti. L'essere di Parmenide esiste al di là del tempo, nella vacuità di cui parlano i buddhisti, appartiene all'eterno, mentre l'essere di Eraclito abita il mondo della natura ed è in perenne divenire. E chi se non Polemos, il dio della guerra, governa tale mondo?
L'Oltreuomo, osservato nella prospettiva dell'essere in divenire, è ipotesi da realizzarsi, tensione evolutiva. Nella prospettiva dell'eternità, in cui sono contemplate tutte le possibilità, è già nato e mai nato. E il luogo in cui abitiamo è sia Sein (essere/realtà) sia Sollen (dover essere/idealità): siamo ciò che pensiamo di essere durante la febbre, chi vorremmo essere un giorno e ciò che rimane di noi una volta passata.
Massimiliano Cerreto