11 febbraio 2020

Marco Presta, il coniglio ritrovato


Quella del cinghiale bianco forse non c'è mai stata, ma l'era del coniglio non è ancora tramontata, per fortuna. E spero mi perdonerete se, ai pur belli versi di Battiato, preferisco il meno aulico ma più familiare ricchete racchete. 
Lo ammetto, ha il potere di risvegliare in me la voglia di ruggire: un po' l'effetto che hanno certe parole sulle cellule terroristiche dormienti, per intenderci. 
Ma chi è  il coniglio? So che state pensando a quel buffo e tenero animaletto, al netto delle unghie affilate come le lame di Sweeney Todd, ma non è così. È invece la metafora dell'uomo medio che, almeno una volta nella vita, ruggisce rivendica la considerazione che merita.






Del resto, per sparire bisogna esserci, come si legge sulla copertina di Fate come se non ci fossi, di Marco Presta. Emblematica l'immagine di un uomo a colori che si immerge in una folla di faccine in bianco e nero, o forse ne viene inghiottito; ben diverse da quelle giallo itterizia, rassicuranti nella loro idiozia, di cui ormai non sappiamo più fare a meno. 
Un attimo! A parte mia madre e le sue amiche, c'è qualcuno di età inferiore ai 70 anni che usa ancora il telefono per telefonare?
Comunque sia, anche se neppure Julian Assange ha mai avuto il coraggio di rivelarvelo, la triste verità è che terminare una frase con uno equivale a chiosare con: ho ragione io e tu sei uno stronzo, ma così, per dire, simpaticamente. Non sempre, ma il più delle volte è così.






 
Certo, se questa fosse davvero una recensione, dovrei innanzitutto dirvi chi è Marco Presta. Ma la verità non la conosce neppure wikipedia, al di là di qualche dato biografico. Del resto, sarebbe grave il contrario, altro che grande fratello. A proposito, è più angosciante quello nato dalla penna di George Orwell o quello trasmesso da Mediaset? Ai postumi l'ardua degenza.
So solo che è romano, - credo romanista, ma non è politicamente corretto parlare di religione - che ha un fratello, una sorella, una moglie e due figli ventenni, cui sono dedicate le pagine più affettuose del libro. 
Analogo affetto è rivolto al gruppo storico di compagni di avventura, tra cui Stefano, che ha perso l'uso delle gambe e rivendica il diritto ad essere chiamato handicappato e non diversamente abile, protagonista del racconto più tragicomico, quasi un'appendice testuale alla trilogia cinematografica di Amici miei.



Ma la partecipazione straordinaria, in tutti i sensi, nella vita dell'autore e conduttore radiofonico è quella di Antonello Dose, già suo compagniuccio della parrocchietta ai tempi dell'adolescenza. Nessuna traccia, però, di quella cattiveria che caratterizzava la comicità di Alberto Sordi ai sui esordi.
Anzi, ad ascoltarli insieme ne Il ruggito del coniglio, in onda da venticinque anni, vengono più alla mente Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi.



E adesso dovrei anche dirvi cosa è Fate come se non ci fossi.  Ci provo: una raccolta di episodi di vita realmente vissuta o forse solo immaginata, che siamo ormai abituati a pensare essere la stessa cosa; un libro scritto da una persona che conosce la lingua italiana, e già questo dovrebbe fare notizia; una narrazione che prova a farsi ascoltare in un momento in cui l'orizzontalità della comunicazione tende a sovrapporle tutte generando così cacofonia; un regalo di compleanno dei miei amici, pochi giorni fa, ed è questo l'aspetto più importante, per me.






Non sono certo che tutte le persone che entrano nelle nostre vite siano lì per una ragione, che è un modo elegante per ammettere la mia misantropia, di gran lunga meno gentile di quella attribuita a Marco Presta, eppure nei libri di cui riesco ad ascoltare il richiamo ho ancora fiducia.
A condizione che siano fatti di carta: amo entrare nelle librerie, - diffidate degli appositi banconi che si trovano nei centri commerciali, salvo che non siate di quelli che vivono l'esperienza del regalo come un obbligo da assolvere (in tal caso, un libro, un qualsiasi libro, è sempre meglio della classica candela profumata, sappiatelo) - prenderne sotto braccio due o tre, sfogliarli in attesa che una frase mi faccia innamorare. Talvolta è solo un'infatuazione, talvolta una storia seria. 
E volevo leggerlo davvero Fate come se non ci fossi, che incrociai con lo sguardo mentre, nel periodo natalizio, ne stavo scegliendo un paio per mia madre, uno di un autore che so piacerle molto e un altro che pensavo sarebbe potuto piacere anche a me: si chiama regalo boomerang in gergo. Massimiliano, a te piacciono i libri dei pazzi, mi ripete spesso, che poi è la sua personalissima definizione di una letteratura che nessuno sa classificare e che, per evitare imbarazzanti silenzi, chiamiamo convenzionalmente realismo magico.  Come darle torto allora, ma non ditelo alla mia anziana genitrice perché detesto darle ragione. E soprattutto non ditele che l'ho chiamata anziana.

Un regalo gradito quindi, soprattutto perché i miei amici non potevano sapere che le voci di Marco Presta e Antonello Dose appartenessero al mio vissuto, tanto quanto quelle di Marcello Mastroianni, Roberto Pedicini (ve lo ricordate Jack Folla?) e tutte le altre che in ogni tempo mi furono gradite.  Fate come se non l'avessi mai scritta quest'ultima frase, penso di essermi lasciato prendere un po' la mano. 
Deriva divino-egoica a parte, le persone oggi accanto a me non sono quelle con cui ho condiviso la stagione dei vent'anni. Non so neppure dove siano andati a finire i miei vent'anni. Mi piace immaginarli da qualche parte lì fuori, ancora a rincorrere tutte le vite possibili mentre la mia la trascorrevo seduto sul letto, con la compagnia di un bellissimo gatto rosso, perennemente indeciso se farmi le fusa o prendermi a morsi, della radio sempre accesa e con in mano l'ennesimo manuale di diritto, e tutti quegli articoli da imparare stupidamente a memoria mentre gli ormoni mi facevano credere di essere innamorato della ragazza di turno. Il film è quello che fai, non quello che avevi in mente, sosteneva Fellini.
Ai parenti che ancora oggi mi chiedono perché sia fuggito a due esami dalla laurea, con la media del 29, rispondo inventando storie sempre diverse: la verità è che è stato Kafka a salvarmi la vita, ma di più non avrebbe senso dire.

Ed è un gradino sotto Kafka, prendendo in prestito una celebre battuta di Woody Allen, il salvifico squalo immaginato dallo scrittore romano in uno dei suoi racconti più surreali. E poi del prevalere della fortuna sulla capacità, anche tema di fondo di Match Point del già citato regista newyorkese; del perverso piacere degli intellettuali (e non solo) nell'esaltare i cattivi e le cattive di professione, a condizione che tale cattiveria non sia rivolta contro di loro; di piccole e grandi aporie comportamentali, spesso amplificate dalla televisione, che l'autore definisce l'ovvio dei popoli: di questo e molto altro si narra in Fate come se non ci fossi.
Un testo solo in parte autobiografico, e non tanto per le vicende raccontate quanto per la leggerezza, l'ironia e l'autoironia, l'intelligenza nel giocare con le parole cui Marco Presta ci ha abituato da molti anni e che ne fanno il degno erede del suo maestro Enrico Vaime.
Il punto è che il mondo, seppur visto dai suoi occhi, è soprattutto il nostro: ne siamo parte, siamo noi ad alimentarlo ogni giorno, anche se non è facile da ammettere.

Non mancano momenti commoventi, come le storie di Tommaso, Sandro e dell'anziano speaker radiofonico, e qualche legittima incazzatura, ed è lì che il suo ruggito, oggi un po' malinconico, si fa sentire più forte. Anticipare troppo sarebbe però scorretto e, alla fine, l'unica cosa che avevo voglia di dirvi, parafrasando il titolo di uno di quei libri che leggi solo se ti ci obbliga la professoressa d'italiano, è che Marco Presta è il coniglio ritrovato.


Massimiliano Cerreto


Il quintalogo di Marco Presta