La frase più stupida che tutti abbiamo pronunciato almeno una volta nella vita: io penso con la mia testa.
Il pensiero necessita di un linguaggio attraverso il quale essere non solo espresso, ma concepito. E non siamo noi a sceglierlo. Io abito la mia lingua, disse una volta Antonio Tabucchi. Altri hanno poi messo in luce come la lingua inglese, rispetto ad altre, renda più difficile l'astrazione al fine di sottolineare la differenza tra il pensiero filosofico britannico e quello continentale. Senza menzionare la funzione dello studio del latino e del greco ovvero la creazione di strutture logiche.
Il pensiero non è davvero nostro. Nasciamo in un dato momento, in un dato luogo e all'interno di un insieme complesso di relazioni. La nostra visione del mondo non può non essere condizionata da tutto ciò. Il contagio mentale, che può avere conseguenze devastanti, è inevitabile.
La differenza tra il credere e il ragionare è solo apparente. Chi ragiona lo fa sulla base di una serie di informazioni che, a torto o ragione, ritiene (crede) valide. Eppure i nostri sensi sono alquanto limitati, i bias cognitivi sempre in agguato e le informazioni spesso manipolate ad arte. Eppure esiste ancora un discrimine tra il credere e l'essere creduloni: si chiama consapevolezza.
Per quanto ciò possa provocare un senso di profonda incertezza e di impotenza nei confronti di quanto osserviamo, ritenendoci (a torto) solo dei poveri e incolpevoli spettatori di uno spettacolo iniziato molto prima di noi e che va in scena su un palco troppo grande, il dubitare, in primis di ciò che consideriamo vero, è un atto di consapevolezza.
No, dubitare non è rassicurante, non porta alla felicità e vi farà odiare. Almeno credo, ma spero di sbagliarmi.
Massimiliano Cerreto